Quante cose al mondo puoi fare con un tortellino
“Le persone che vedono dal vivo questi grandi tortelloni colorati in giallo, rosso, blu, lilla, arancione non mancano mai di stupirsi, di sorridere, di commentare positivamente e di chiedere se possono toccarli per capire di che materiale sono fatti”. Elisabetta Forgieri è l’artista che ha dato vita a Tort&Lino. “Tort quelli taglia XXL, Lino quelli Small, utilizzando la formula delle misure usate nell’abbigliamento”. Ed ecco che il protagonista della cucina emiliana si trasforma in materia scultorea.
“Sono creati tirando a mano una grande sfoglia di terra e poi piegati. La ceramica è molto meno tollerante ed elastica della pasta all’uovo ed esige di essere coccolata durante la fase di essicazione per evitare crepe e rotture. Una volta secchi vanno rifiniti per togliere ditate, graffi ed imperfezioni e cotti una prima volta in forno a 1100°. Poi vanno nuovamente scartavetrati, soffiati e spugnati e a questo punto arriva la parte più difficile in assoluto: la smaltatura“. Elisabetta ci ha spiegato che smaltare in modo uniforme i Tort&Lino “sia nella parte a vista che all’interno delle pieghe non è impresa facile. Quando, dopo la seconda cottura, apro il forno ed il colore è venuto bene sono davvero orgogliosa del mio lavoro. I colori vivaci e la grande dimensione ne enfatizzano la forma reale, diventando altro rispetto alla loro origine di cibo tipico delle nostre tavole e simbolo della italianità nel mondo, rendendoli ironici oggetti artistici”.Nata a Modena, Elisabetta ha studiato per anni all’Accademia di Belle Arti e ad Arti Visive. “Ho molti amici che frequento abitualmente e che hanno consolidato con Bologna un legame molto forte. È una città molto vivace, disinibita, piena di giovani artisti, di iniziative culturale, di turisti, anche rumorosa di un rumor che trovo stimolante”.
Numerosi i suoi progetti. “Il mio lavoro è la somma di tante esperienze molto diverse tra loro per tecnica e materiali usati. Alla base credo ci sia il fatto che non so stare ferma in un “luogo”, in un risultato od obiettivo raggiunto, che presto sento il bisogno di lasciarlo decantare, modificarlo, abbandonarlo; a volte temporaneamente ed altre volte definitivamente. Destinare un materiale ad un uso insolito mi diverte, sono felice quando percepisco nell’oggetto realizzato un certo grado di ironia che spesso cerco di trasmettere anche nei nomi delle opere. Ho fatto vasi in gres che a guardarli sembrano ferro battuto che ho chiamato Forseferro, altri tutti traforati Nién-te Piz-zo. Così sono nati anche i Tort&Lino”.Basta uno sguardo ai suoi social per scoprire che ad Elisabetta, pubblicizzare i suoi lavori, costa un po ‘ di fatica. “È un altro lavoro rispetto a ciò che amo fare. Parlo volentieri del mio lavoro con chi dimostra di avere almeno un iniziale interesse. Pubblicizzarlo sparando nel mucchio infinito dei social per catturare l’attenzione di non so chi mi fa sentire fragile, potenzialmente rifiutata. Quel che scrivo mi pare spesso banale e scontato, ma sembra necessario e mi sono ripromessa di provarci anche se non so, ad esempio, tecnicamente come si crea una storia su Instagram… L’obiettivo è naturalmente cercare di vendere. Una vendita mi dà la conferma che ciò che creo è bello e condiviso, è un incentivo a continuare con entusiasmo, anche se creare è un mio bisogno irrefrenabile a prescindere”.
C’è un suo lavoro, infine, a cui è maggiormente legata? “Ho fatto esperienza ed amo utilizzare tante tecniche e materiali diversi. La ceramica che ho appreso alla scuola d’arte Venturi di Modena, la pittura, la calcografia (tanto da spingermi ad acquistare un vecchio torchio Bendini). Sono involontariamente spinta verso il tentativo di far confluire in un unico oggetto queste pratiche. Di annullare la distinzione che c’è tra un materiale e la sua propria tecnica tradizionale, cerco lo scarto, la velata provocazione. Sulla base di questo i lavori ai quali sono più legata sono opere su carta sulle quali ho impresso a secco (senza inchiostro) delle lastre incise con morsure decise e poi sono intervenuta con pastelli, colori ad olio ed acrilici disegnando figure umane che appena si percepiscono, che a tratti accompagnano l’ombra del rilievo lieve prodotto dalla stampa con il torchio. Lo sguardo ha bisogno di tempo per districare i tratti e ricondurli a qualcosa di conosciuto e identificabile. Uno tra i miei tanti prossimi progetti è quello di applicare questo procedimento ad una lastra di porcellana”.
Ma non solo. “Appena posso faccio nuovi work shop con famosi artisti italiani e stranieri. Recentemente ho fatto un corso di oreficeria di base per imparare la microsaldatura in modo da creare bijoux di porcellana cotta ad alta temperatura, montata con ottone o argento forgiato e battuto a mano. Insomma, nonostante la mia età matura, chissà cosa farò da grande”.